di Rocco Papa
Il
Bivio, il libro di Angelo Bruscino, giovane imprenditore irpino
impegnato nella cosiddetta "green economy", ci restituisce
non un fotografia, ma una radiografia della società italiana
rispetto al mondo giovanile, alle sue aspirazioni e ai suoi problemi.
Il testo non è un trattato filosofico o una mera analisi della
situazione, ma uno spunto di riflessione e un punto di partenza per
chi vuole capire dove sta andando il nostro Paese. Ma chi vuole
capirlo? È questa la domanda che mi sono posto leggendo il libro.
Chi vuole e chi dovrebbe sapere queste cose? Purtroppo chi potrebbe
cambiare lo stato delle cose, secondo Bruscino, è proprio il
colpevole dell'attuale situazione. In breve, riassumendo la precisa e
pragmatica analisi sulla situazione dei giovani studenti italiani che
dovrebbero affacciarsi al mondo del lavoro, è una catastrofe. Il
problema, che trova ovviamente nel Meridione d'Italia punte di
drammaticità apocalittiche, è non solo dovuto alla crisi economica
che da anni piega le ginocchia e le speranze delle famiglie, ma
soprattutto di mentalità, di concezione della vita. L'Italia è un
Paese di vecchi e per vecchi, i giovani, principalmente al Sud, hanno
acquisito le suggestioni e il modo di pensare degli anziani, dei
genitori, dei conoscenti. I bisogni primari, la sopravvivenza, tipici
dell'età adulta, hanno annebbiato anche la visione dei giovani. In
sostanza, i ragazzi italiani non sognano più. I sogni, le
aspirazioni, sono troncate e smorzate da fattori che influenzano
l'intera vita ella nazione. Tra i principali colpevoli individuati da
Bruscino, volendo stilare una classifica, troviamo al primo posto, e
non poteva essere altrimenti, la politica e i politici. Una politica
vecchia e fatta da vecchi, che mai potrà capire e andare incontro
alle esigenze delle nuove generazioni. Una politica che non ascolta
ed è poco attenta alle istanze represse delle nuove generazioni. Una
politica, declinata in burocrazia, che frappone ostacoli spesso
insormontabili laddove un sogno, una visione comincia a palesarsi. Le
idee muoiono tra le carte di permessi, autorizzazioni, marchette e
mance. Ma l'indice è puntato anche contro i pochissimi investimenti
che lo Stato dispone per la ricerca e la scuola, punti nevralgici per
lo sviluppo di un Paese.
Al
secondo posto ci sono le banche, il mondo della finanza, poco
disposte a finanziare le idee. L'idea è un rischio, e le banche, si
sa, rischi non ne assumono. Prestano solo a chi già ha, e intanto il
Paese arretra ripiegandosi su se stesso.
In
classifica ci sono anche i mass media, rei, secondo l'autore, di
diffondere solo brutte notizie che deprimono e scoraggiano i giovani.
Non
poteva mancare la scuola e l'università, e l'assoluta inadeguatezza
degli insegnamenti impartiti rispetto al mondo reale. Una scuola
ancora troppo nozionistica e che prepara poco al lavoro. In un mondo
ultra competitivo, dove la carenza di lavoro è drammatica, la
preparazione può rappresentare davvero l'unica ancora di salvezza,
ma anche in questo il nostro Paese pecca.
Mentre
andando avanti nell'analisi, si scopre che per la maggior parte dei
ragazzi meridionali la carriera militare rappresenta ancora un
obiettivo concreto, con la certezza di uno stipendio fisso, seguita
dalla carriera sportiva e da quella artistica, si arriva al famoso
Bivio dal quale è tratto il titolo del libro. In realtà i bivi sono
tanti, a partire dalla scelta sul proseguimento degli studi, fino ad
arrivare a quella dell'emigrazione. Già, proprio l'emigrazione,
quella che è chiamata "la fuga dei cervelli". Le migliori
energie del nostro Paese lasciano l'Italia e vanno ad arricchire i
nostri competitor europei, ma non solo. Perché? La risposta è
ovvia: l'Italia è un Paese di e per vecchi. Nelle altre nazioni,
Germania in testa, si punta e si investe nelle idee, nei giovani, e
le opportunità di lavoro, ai vari livelli, sono molte di più. Il
libro si conclude con viatico di speranza per quei giovani preparati
e intraprendenti che intendono investire il loro futuro in Italia,
diventando imprenditori. Gli esempi riportati sono di alto profilo,
ma alla base di tutto c'è sempre un'idea e, soprattutto, la
preparazione e la volontà di realizzarla. A chi consiglierei questo
libro? Innanzitutto ai nostri politici e a chi dirige il nostro
Paese, ma sarebbe tempo sprecato, perché è un dato di fatto che
loro non leggono.
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