venerdì 6 novembre 2015

Dal quotidiano La Città. La riscoperta filosofica dell'acqua


di Rocco Papa

Quando veniamo al mondo il nostro corpo è composto per il 75% di acqua, tale percentuale cala fino al 60 nell'età adulta. Potremmo affermare che siamo nati per vivere in acqua, annotazione che un po' richiama il titolo di una canzone di Baglioni, Acqua nell'acqua, scritta in occasione dei Mondiali di Nuoto a Roma del 1994. Questo, però, non vuole essere un articolo sull'importanza di un bene così primario ed essenziale per la nostra esistenza, ma più mestamente il resoconto di una scoperta che ha cambiato il mio modo di vedere e vivere lo sport.
In una famiglia di pallonari, avere un figlio che si intestardisce per il nuoto, all'inizio è stato un po' uno sbandamento. A dire il vero è stata mia moglie a spingerlo e spronarlo verso il nuoto. “Fa bene” è la solita frase che si usa, ma io, a vederlo fare avanti e indietro: stile, rana, dorso, farfalla, non ci trovavo proprio niente di divertente. E, per un bambino, lo sport deve essere anche divertimento. Un bel giorno, quella gloriosa società di nuoto che è la Rari Nantes Salerno, più giovane solo dell'amata Salernitana in quanto a età, ci fece sapere che nostro figlio era stato selezionato per la Pallanuoto. Sempre nuoto era, ma almeno c'era una palla da spingere in una porta, e già mi parve un compromesso accettabile. Lo scetticismo durò. Lo vedevo allenarsi assieme a un'altra decina di “pulcini”, vasca su vasca, solo gambe, solo braccia. Cominciai a chiedermi come facesse, io solo a guardarlo avevo il fiatone. Poi ci fu la prima partita e tutto cambiò.
Non sono mai stato uno di quei padri per i quali il figlio è sempre il migliore e sono gli altri a sbagliare, anzi, sono sempre stato più che critico, ma vederlo in acqua, lui insieme ai compagni, giocare, nuotare, è stata una sensazione unica, indescrivibile. Schizzi d'acqua in faccia, mani a trattenerti, spingere, scalciare, lottare, vincere un minuto e perdere quello dopo e alla fine sempre il sorriso sulle labbra, a bordo vasca, a stringere la mano agli avversari.
La pallanuoto è fatica, è sudore, anche se non si vede, perché proprio com'è per i nostri corpi, è solo acqua e sale che si scioglie in altra acqua. La Pallanuoto è sacrificio e passione. Non ci sono prospettive, che a volte sono molto più dei genitori che dei ragazzi, di stadi pieni, stipendi da favola. L'unica prospettiva è lo sport, il divertimento e la salute. Perché alla fine è vero, lo sport fa bene, il noto anche di più.
E lo spettacolo è anche quello che non si vede, quello che accade sotto il pelo dell'acqua delle piscine piastrellate di un blu artificiale: la lotta contro gli avversari, la lotta contro un ambiente che, in fondo, non è quello naturale per l'uomo, anche se siamo fatti di acqua. È ciò che passa nella testa di ogni ragazzino quando ha il pallone tra le mani e non basta calciarlo via, perché deve sforzarsi di restare a galla, guardare i compagni, difendersi fisicamente dall'avversario, respirare e non lasciarsi sfuggire la palla viscida, insidiosa. È uno sport per tutti, ma non tutti possono praticarlo. Ci vuole voglia, passione, sacrificio e valori. Aiuta a crescere, a contare sui compagni, a difendersi, che oggi non è poco, e a non esaltarsi nella vittoria, e a non deprimersi nella sconfitta, perché in fondo è un gioco, e lo sarà anche se arrivi in serie B, in serie A. Non ci saranno mai gli ottantamila a inneggiare il tuo nome, ma ci sarai sempre tu e l'acqua, una sfida continua, una sfida nella sfida, perché è quella la prima da vincere, poi ci sono gli avversari.
E ci vuole passione per nuotare, forza, vigore, concentrazione, e lo stesso vale anche per chi tiene in piedi la baracca. La nostra città, purtroppo, non è fatta per chi vuole fare sport. Strutture fatiscenti o inadeguate, gestite così e così. Lo sa chi fa calcio, lo sa chi fa basket o pallavolo, lo sa ancora di più chi fa nuoto o pallanuoto. Anche perché gestire una piscina è un filino più complicato che tenere un paio di campetti o una palestra. Le istituzioni, ma non è una novità, hanno altro a cui pensare e allora ci si arrangia con ciò che si ha, facendo di necessità virtù e di virtù passione. Solo una smisurata passione può spingere qualcuno a mettere su una struttura, una squadra di nuoto o pallanuoto. Battersi contro difficoltà oggettive e non mollare tutto.
Un aspetto da non sottovalutare, è che difficilmente i ragazzini che sono in acqua si accorgono o sentono le grida sguaiate dei genitori. Non ci sono reti attaccate al campetto sulle quali aggrapparsi e inveire contro arbitro e avversari, non ci sono padri convinti di tenere in casa i nuovi Messi e Ronaldo. C'è passione, comunque, animazione, tifo, qualche parola grossa vola lo stesso, ma là, nell'acqua, quei ragazzi sono solo una squadra, estranei a tutto, immersi in una logica che da fuori, all'asciutto, non si può capire.

Eppure, lo so che non c'entra niente, Salerno è una città di mare e che del mare ha vissuto e vive. I nostri figli sono nati con il sale sulla pelle e con l'odore dell'acqua che sarebbe dovuto essere come quello di casa. Non è così, lo so, non c'entra nulla con le strutture, le piscine, quelle sono cose di uomini, di politici, di buon senso. Non c'entra nulla, ma non si può vivere solo di pallone.

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