Racconto breve scritto in occasione della XIV edizione del Premio San Martino de Porres, per la premiazione del commissario Mimmo Credentino.
FREDDO
È febbraio e fa freddo, il fiato diventa subito una nuvola
di vapore evanescente. Fa freddo a febbraio, a Milano ancora di più, si sa, soprattutto
quando scende la sera.
Fa freddo. Tra le ombre dei palazzi, là dove la luce dei
lampioni non arriva, avvolto in una nebbiolina liquida e sfumata, nel freddo e
nel silenzio, cammina un'anima nera, un cacciatore. Annusa l'aria come un
predatore, scruta gli spazi più bui, le aree meno frequentate e aspetta. Ha
fame, ma non di cibo.
Fa freddo fuori. La donna è in coda nel traffico, anche lei
intrappolata nella scatola di lamiera della sua macchina. per fortuna è quasi
arrivata, manca poco. È raffreddata e ha i piedi gelati che le fanno male. Ha
41 anni e un'altra giornata è scivolata via. pensa a casa sua, al calore e
all'abbraccio dei suoi quando rientrerà. Il tepore che farà scordare la fatica
e i soliti problemi. È quasi felice.
Fa freddo fuori. Mimmo, Mimmo Credentino, sostituto
commissario in servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale dei
Minori di Salerno, non è abituato a quella temperatura. È nella sua macchina,
in coda nel traffico, e pensa che a Milano, obiettivamente, a febbraio fa molto
freddo.
Finalmente è arrivata. la donna parcheggia la macchina,
prende la borsa dal sedile e guarda se ha scordato qualcosa. Ha una strana
ansia, la smania di voler entrare presto nel portone, coprire quei pochi metri
con un balzo, vincere l'ultimo brivido di freddo ed entrare finalmente nel suo
appartamento.
Il predatore annusa l'aria e ne sente l'odore. C'è qualcosa
dentro di lui, un freddo intenso, un buco nell'anima spalancato direttamente
sulla bocca dell'inferno, e va a caccia di calore: lo vuole rubare, strappare,
violentare quel calore. La vede. Il posto è buono, buio. Si avvicina silenzioso.
Lei, con le mani che le tremano per il freddo e non solo,
chiude la macchina, ma c'è qualcosa che non va. C'è uno strano silenzio, che
viene rotto da passi affrettati. Si sente strattonare, avvinghiare, abbrancare.
Il fiato le manca, non può muoversi, non ci riesce. L'alito dell'uomo sul
collo, sulla faccia, le sue mani dappertutto, vorrebbe gridare ma la voce non
le esce. Lui la tira, come un lupo che vuole portare la preda nella tana, lei
resiste, ci prova. Un freddo ancora più intenso la immobilizza, un freddo che
viene da dentro, il freddo della paura. Un lampo, un flash nella mente, pensa a
casa a sua, ai suoi cari, al calore. È la scossa. Si ribella, lotta e
finalmente urla con tutti il fiato che le resta, e urla non solo con la voce,
ma con tutta se stessa.
Mimmo Credentino è in macchina, un po' distratto dal
traffico, dalla zona, i Navigli, non proprio il massimo. Le luci delle altre auto,
i riflessi dei lampioni sulla strada ancora lucida di pioggia, il piacevole
tepore del riscaldamento, un po' di musica. Ma Mimmo ha l'occhio allenato, gli
basta un movimento per capire che qualcosa non va e quel movimento lo ha visto,
lo ha scorto tra alcune macchine parcheggiate. Abbassa un po' il vetro del
finestrino e lo schiaffo del freddo gli porta anche l'eco di un grido, la
richiesta d'aiuto.
Mimmo è un poliziotto e sa che deve fare, sa che lo DEVE
fare e sa che non c'è opzione, non c'è ragione. Fa freddo, ma lui è più freddo:
Ferma la macchina, scende e corre.
Quando lo prende, l'animale ha ancora i pantaloni abbassati.
Cinzia è spaventata, sotto shock, immobile, pietrificata. Mimmo la rassicura
con lo sguardo, mentre tiene a bada la belva.
Le luci blu delle pattuglie e dell'ambulanza riempiono
l'aria e rompono il silenzio. "Ho fatto solo il mio dovere", dice a
chi gli chiede. Ho fatto solo il mio dovere.